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“ETICA E LEGALITA’ NELLA PROFESSIONE DI ARCHITETTO”

redazione 23 May 2023

Intervento dell’ing. Franco Fietta – presidente della Fondazione Inarcassa

al seminario “Etica e legalità nella professione di architetto”

A 31 anni dalla strage di Capaci, il ricordo è ancora forte e vivo in ognuno di noi. Ricordare la memoria di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e di tutte le vittime di mafia, è un impegno civile che deve continuare a richiamare l’attenzione di tutti coloro che ogni giorno si battono a difesa della legalità. Coltivare la memoria è un esercizio complesso che richiede uno sforzo continuo da parte di tutte le componenti sane della società civile impegnate nella costruzione di una realtà migliore e più giusta.

Il seminario promosso dall’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Palermo e la sua Fondazione, consente di offrire, da una prospettiva nuova e, per certi versi, privilegiata, uno sguardo singolare sui temi dell’etica e della legalità. I professionisti dell’area tecnica, architetti e ingegneri, sono attori centrali nel processo di costruzione di una realtà capace di trarre l’insegnamento più genuino che i giudici Falcone e Borsellino, e i tanti altri servitori dello Stato, hanno consegnato alle nuove generazioni di giovani professionisti.

In questo percorso, la Fondazione Inarcassa, sin dalla sua costituzione, ha continuato ad interrogarsi sul ruolo che i liberi professionisti architetti e ingegneri sono in grado di promuovere a beneficio dell’economia “sana” del Paese. Lo scopo istituzionale della Fondazione Inarcassa è, infatti, promuovere a tutti i livelli istituzionali l’immagine della figura dell’architetto e ingegnere libero professionista e, contestualmente, sollecitare il legislatore ad adottare ogni strumento utile alla costruzione e affermazione dei principi di legalità ed etica pubblica.

Nell’ambito dei lavori pubblici, l’attenzione del Legislatore e di tutti gli stakeholder di riferimento deve continuare ad essere molto alta contro ogni fenomeno corruttivo. In questo ambito di intervento, l’azione della Fondazione Inarcassa si è sempre distinta per favorire ogni occasione di dialogo con le istituzioni e i decisori pubblici nel segno della trasparenza. Nella recente riforma del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), la Fondazione Inarcassa ha, infatti, continuamente proposto modifiche correttive all’impianto generale finalizzate, per quanto di competenza, a restringere le maglie della corruzione che si annidano nelle procedure di aggiudicazione e affidamento dei lavori pubblici. Ciò nella evidente convinzione che gli architetti e ingegneri liberi professionisti rappresentano un autentico argine alla corruzione per via della loro riconosciuta indipendenza e terzietà dalla pubblica amministrazione e dalle imprese aggiudicatrici.

In tutti i passaggi della fase preparatoria alla stesura del nuovo Codice, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 marzo scorso, la Fondazione Inarcassa ha sempre mostrato un atteggiamento responsabile e di massima collaborazione istituzionale. L’impegno della Fondazione Inarcassa è stato, in ogni momento, promuovere la centralità dei servizi di architettura e ingegneria e, di conseguenza, difendere la terzietà e indipendenza dei professionisti della progettazione.

E’ stata motivata in tutte le sedi istituzionali, nel corso delle diverse interlocuzioni intrattenute dalla Fondazione Inarcassa con i principali decisori pubblici, la più convinta contrarietà all’appalto integrato, di cui si consente largo ricorso all’articolo 44 del nuovo Codice, istituto che non riduce i tempi di realizzazione delle opere, né garantisce gli impegni di spesa della pubblica amministrazione, come del resto ha osservato anche l’Anac nel 2021 quando ha reso pubblici i risultati di uno studio condotto sui lavori di Anas per la strada statale 106 Jonica e ha rilevato come l’impiego di una figura che assume su di sé le funzioni di progettista e costruttore, non incide né sull’accelerazione dei tempi di realizzazione dell’opera, né sullo snellimento delle procedure. Piuttosto, è indubbio che la vera causa dei ritardi, sia nella fase di aggiudicazione, sia in quella di esecuzione dell’opera, è da ricercarsi nelle inefficienze della pubblica amministrazione. In particolare, è nei tempi di attraversamento che incidono per quasi il 60% sulla durata della progettazione che si determina la causa degli attuali ritardi nella realizzazione delle opere pubbliche.

Al contempo, la Fondazione Inarcassa ha espresso forti perplessità sulla riduzione dei livelli di progettazione. La progettazione in materia di lavori pubblici, prescrive l’articolo 41 del nuovo Codice, si articola in due livelli di successivi approfondimenti tecnici: il progetto di fattibilità tecnico-economica e il progetto esecutivo. La scelta operata dal Legislatore non tiene conto della specificità dell’attività di progettazione. In questo modo, il D.Lgs. 36/2023 trasmette un messaggio fuorviante, ovvero che la progettazione riveste un carattere secondario, e per certi versi, trascurabile, rispetto all’esecuzione vera e propria dell’opera. La progettazione è, invece, fondamentale per una opera di qualità. La riduzione dei livelli di progettazione rischia seriamente di compromettere la qualità e la sicurezza delle opere pubbliche. Vi è un motivo se a far data dalla Legge quadro sui Lavori Pubblici (Legge n. 109/94) la progettazione è stata articolata su tre livelli. Essi si configurano, difatti, come approfondimenti di carattere sia “qualitativo” sia “quantitativo” in quanto, oltre a sviluppare un progressivo incremento del grado di dettaglio tecnico/economico dell’intervento, concretizzano fasi concettualmente distinte del processo progettuale, con contenuti e finalità differenti e interagenti tra loro con continuità. La proposta di eliminare la fase del progetto definitivo, sulla base della quale si acquisiscono i pareri e si approfondisce l’opera ad un livello tale da definirne l’importo complessivo dell’opera, rischia di compromettere il livello complessivo di qualità progettuale. Anche volendo anticipare queste valutazioni tipiche del progetto definitivo alla fase preliminare di fattibilità, i tempi di progettazione non sarebbero ridotti ma, al più, si sommerebbero in un’unica fase, a meno di non voler sacrificare taluni approfondimenti progettuali a discapito della qualità e della sicurezza delle opere, che potrebbero far nascere contenziosi e varianti in fase esecutiva in particolare per quei progetti da affidare in appalto integrato sulla base del progetto di fattibilità tecnico-economica.

Si consideri che l’art. 23, comma 4, del D.Lgs. 50/2016, in deroga alla norma generale, già consentiva alla Stazione Appaltante, “laddove la specifica tipologia e dimensione dell’intervento lo consentano”, di omettere uno o entrambi i primi due livelli di progettazione “purché il livello successivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso, salvaguardando la qualità della progettazione”.

Sotto questo profilo, restano assolutamente condivisibili le argomentazioni sostenute dall’Autorità Anticorruzione secondo cui la progettazione è l’elemento chiave che consente alle amministrazioni di raggiungere l’obiettivo che intendono perseguire. Nel nuovo Codice, aveva sottolineato l’Anac nel corso dell’audizione in Commissione Ambiente alla Camera nell'ambito dell'esame dello schema di decreto sul nuovo codice dei contratti pubblici (Atto Governo n. 19), c’è una evidente sottovalutazione di questo aspetto[1].  

In definitiva, la riduzione dei livelli di progettazione - sic et simpliciter - se non adeguatamente bilanciata con opportuni approfondimenti, che comunque non dovranno mai comprimere il giusto tempo di un progetto, rischia seriamente di pregiudicare la qualità complessiva delle opere pubbliche, di dilatarne i costi e tempi realizzativi non garantendo affatto la migliore allocazione delle risorse pubbliche.

Né appare secondario un ulteriore elemento di osservazione. La riduzione dei livelli di progettazione sembra, inoltre, rispondere ad una esigenza di mero carattere normativo, nel segno della semplificazione. La Fondazione Inarcassa si è sempre detta favorevole a promuovere concreti processi di semplificazione delle procedure, volti, in primo luogo, ad offrire agli operatori economici impegnati nelle gare pubbliche un contesto normativo chiaro, di facile applicazione e, soprattutto, scevro da ogni fonte di incertezza interpretativa. L’articolo 41 del nuovo Codice, a dire il vero, sembra andare in un’altra direzione. Il Legislatore, infatti, a nostro dire, ha operato nel segno di una semplificazione che si traduce, di fatto, in un impoverimento della fase progettuale. La riduzione dei livelli di progettazione, e, quindi, della qualità della proposta progettuale, ha ripercussioni immediate sulla fase di esecuzione dell’opera che, priva degli adeguati apporti tecnici preliminari, richiederà varianti in corso d’opera con conseguente allungamento dei tempi di realizzazione. La semplificazione va operata, invece, tenuto conto di tutte le fasi della procedura di gara. Se si interviene solo in una fase delicata e importante quale è la progettazione, si offre il fianco a quegli operatori economici interessati a far lievitare i costi - per di più a carico del pubblico - attraverso il continuo ricorso al contenzioso o che, addirittura, operano in contesti di malaffare. È la corretta esecuzione del contratto ad essere messa in discussione perché non sono rispettati i termini di realizzazione, né il budget preventivato per via dell’aumento dei costi rispetto a quelli concordati, come del resto la stessa Anac aveva sottolineato già ad ottobre 2021. In audizione al Senato, nell’ambito dei lavori sul disegno di legge delega codice dei contratti pubblici (S. 2330) il Presidente di Anac già parlava della progettazione quale “attività dalla quale dipende la qualità dell’opera e dei servizi e la corretta esecuzione del contratto e che costituisce, quindi, strumento in grado di garantire efficienza e capacità di gestione da parte delle pubbliche amministrazioni ma, soprattutto, la riduzione al ricorso alle varianti in corso di esecuzione, del contenzioso che può derivarne, e dei conseguenti costi economici”[2].

Il tema è, dunque, di particolare interesse per la sua incidenza anche sotto il profilo della trasparenza delle procedure. In questo ambito, la Fondazione Inarcassa, lo scorso anno, ha promosso uno studio sugli effetti critici dell’applicazione del massimo ribasso da parte delle stazioni appaltanti quale criterio di aggiudicazione delle gare per i servizi di architettura e ingegneria. I risultati della ricerca, realizzati su dati forniti dall’Anac, hanno evidenziato che le gare assegnate con il criterio del massimo ribasso non producono risparmi sostanziali. È stato dimostrato, infatti, che con il massimo ribasso si hanno maggiori sospensioni e ritardi negli stadi di avanzamento dei lavori, varianti in corso d’opera e un maggiore numero di contenziosi tra le parti. Con maggiori ribassi i progetti ultimati con ritardi toccano punte del 66%, contro appena il 34% in caso di ribassi contenuti; e addirittura, i contenziosi sono pari all’88% quando le gare sono aggiudicate con alti ribassi, e solo il 13% con ribassi inferiori. Tra l’altro il massimo ribasso, soprattutto senza soglie di anomalia, consente più facilmente accordi truffaldini in fase di gara.

La questione si riflette sul ruolo della pubblica amministrazione e, in particolare, nel suo rapporto con i professionisti. La Fondazione Inarcassa ha sempre sottolineato la necessità di operare una corretta separazione dei ruoli di progettista e pubblica amministrazione, con quest’ultima impegnata nelle funzioni di controllo e programmazione. In questo scenario, il nuovo Codice dei contratti pubblici opera un vero e proprio sbilanciamento a favore della pubblica amministrazione nei confronti dei progettisti.

L’innalzamento a 140 mila euro della soglia per gli affidamenti diretti di servizi e procedure senza bando, benché trovi la sua ratio nella semplificazione delle procedure – vale a dire, velocizzare i termini di aggiudicazione - impatta negativamente sul regime di concorrenza e, in particolare, sul principio di massima partecipazione degli operatori economici. Al riguardo, l’Anac ha precisato che proprio nell’ambito dei servizi, la soglia fissata dal Codice ai fini dell’affidamento diretto assorbe la maggior parte dell’attività eseguita di piccole amministrazioni. Il rischio è evidente in termini di trasparenza e legalità delle procedure, poiché senza il minimo confronto concorrenziale si favorisce un meccanismo, soprattutto nelle piccole realtà, di “affidamento a ditte conosciute, non sempre le più efficienti”[3]. Non meno preoccupante l’innalzamento fino alla soglia comunitaria degli importi per la procedura negoziata.

Sta prendendo forma, in questo modo, un modello di procedura di gara nel quale si annida il rischio di una infiltrazione costante, permanente, del malaffare, e dove la componente prezzo risulta decisiva e dominante ai fini dell’aggiudicazione, a discapito della qualità della proposta progettuale. Già nel corso dell’istruttoria legislativa riferita al disegno di legge delega al Governo in materia di contratti pubblici (S. 2330), la Fondazione Inarcassa, ad ottobre 2021, aveva sottolineato come l’innalzamento della soglia operata nel decreto-legge “semplificazioni-bis” (DL  77/2021) avesse favorito:

a)         la reintroduzione in modo surrettizio del criterio del prezzo più basso quale prassi comune delle stazioni appaltanti per la selezione del professionista a cui affidare i servizi tecnici;

b)        l’accaparramento di incarichi da parte di “soggetti forti”, a volte privi dell’adeguate competenze tecniche e professionali (lavori similari, fatturato, regolarità contributiva e fiscale, polizza professionale);

c)         riduzione arbitrarie degli onorari per rientrare nelle soglie dell’affidamento diretto.

Per quanto attiene ai servizi di progettazione, le principali novità introdotte dal nuovo Codice – tra tutti, appalto integrato e riduzione dei livelli di progettazione - mal si conciliano con i principi del risultato e della fiducia su cui regge l’intero impianto normativo. In particolare, il principio del risultato, pilastro della riforma, rivela l’aspetto più debole e permeabile al rischio corruttivo: l’obiettivo della pubblica amministrazione appare quello di aggiudicare la gara, a prescindere dall’offerta e dalla qualità proposta del servizio. La Fondazione Inarcassa, infatti, non ha mancato di segnalare che i principi del risultato e della fiducia, come declinati nel nuovo Codice, ostano al raggiungimento degli obiettivi di efficienza, trasparenza, efficacia ed economicità della pubblica amministrazione. Del resto, è l’articolo 1 del D.Lgs. 36/2023 che conferma la previsione della Fondazione Inarcassa, laddove, al comma 4, stabilisce che “Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per: a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti; b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva”. La struttura normativa sulla quale regge il nuovo Codice conferma uno scenario nel quale il “fine prevale sul mezzo, e la sostanza sulla forma”. Al principio del risultato, infatti, risultano subordinati sia il principio della concorrenza, sia il principio della trasparenza. Così come al principio della fiducia, espresso all’articolo 2 del Codice, il cui scopo è sconfiggere una burocrazia “nemica” dei risultati, sono funzionali il principio di buona fede e tutela dell’affidamento enunciati all’articolo 5.

L’introduzione del principio della fiducia segnerebbe un passaggio importante di riconoscimento alla pubblica amministrazione della capacità di organizzazione e programmazione della spesa pubblica. È convinzione comune, invece, che la pubblica amministrazione manchi di personale adeguato ed esperto in grado di riconoscere all’esterno, nella partnership, essenziale, con i privati, le migliori competenze che offre il mercato. Su questo terreno, del resto, si sono sempre mosse le critiche da parte della Fondazione Inarcassa contro ogni tentativo di creazione di centrali di progettazione, le quali possono assumere funzioni di supervisione, controllo e coordinamento tra le stazioni appaltanti, senza però andare ad impegnare spazi già occupati dai liberi professionisti nel campo della progettazione, che hanno sempre dimostrato maggiori competenze, flessibilità ed efficienza rispetto alla pubblica amministrazione. Il risultato finale – è questo il rischio concreto che temiamo ci aspetti – sarà un principio della fiducia che si traduce nel coinvolgimento, e affidamento degli incarichi, ad operatori esterni già noti alla pubblica amministrazione, nel segno di una logica di appartenenza e spartitoria delle commesse pubbliche.

Andando a concludere, la struttura del nuovo Codice, il cui obiettivo sembra voler soddisfare una domanda “politica” che chiede di intervenire in tempi certi e rapidi, si fa interprete del momento storico e politico che attraversa il Paese, alle prese, in particolare, con l’esigenza di spendere – velocemente – i fondi del Pnrr. La rapidità di esecuzione della spesa pubblica è un fattore determinate che ha certamente guidato le varie fasi di lavorazione del nuovo Codice. Stupisce, però, e le evidenze delle cronache parlamentari delle ultime settimane lo dimostrano, che il Legislatore non abbia dato altrettanto priorità alla qualità di spesa pubblica. “Spendere bene” e “spendere “velocemente” non possono essere confliggenti. Anzi, devono poter andare di pari passo, perché è nella qualità della spesa pubblica che ritroviamo pieno riconoscimento dei principi di trasparenza, controllo e libera concorrenza.

Ogni riforma, qualunque sia l’ambito di applicazione, è figlia del proprio tempo. Ciò vale ancor di più in riferimento all’ambito dei lavori pubblici. La recente riforma del Codice dei contratti pubblici interviene, infatti, in un momento nel quale il dibattito pubblico è ampiamente concentrato sui risultati da raggiungere nel breve periodo attraverso l’impiego dei fondi messi a disposizione dall’Europa per contrastare la depressione economica post pandemia e, in parte, i rincari dell’energia quale conseguenza del conflitto in Ucraina. Siamo lontani dalla stagione dei grandi scandali corruttivi che hanno attraversato il Paese oltre trenta anni fa. Ne siamo lontani, perché da quella esperienza la politica dei partiti, e le istituzioni, hanno saputo rinnovarsi ed aprirsi alla modernità, mettendo da parte logiche di potere talvolta intrecciate con il sistema più diffuso del malaffare e della corruzione. Non possiamo dire, purtroppo, che quel sistema sia stato definitivamente abbattuto. Ha cambiato veste rispetto al passato. Per questo, la soglia dell’attenzione dovrà continuare ad essere alta da parte di tutti coloro che operano direttamente e indirettamente nell’ambito dei lavori pubblici. Responsabilità, trasparenza e concorrenza devono essere i principi ispiratori della stagione di riforme e investimenti che si sta aprendo di fronte al Paese. È una occasione imperdibile, una iniezione di fiducia per tutto il sistema-paese che non possiamo sprecare.

 

[1]Nuovo codice appalti, Busia: diversi punti da migliorare”. Commento disponibile al seguente link https://www.anticorruzione.it/-/nuovo-codice-appalti-busia-diversi-punti-da-migliorare

[2] Audizione del Presidente Avv. Giuseppe Busia presso la VIII Commissione permanente Lavori pubblici, comunicazioni

Senato della Repubblica - 21 ottobre 2021, disponibile al seguente link https://www.anticorruzione.it/-/codice-appalti-busia-delega-al-governo-troppo-generica-serve-semplificazione-e-digitalizzazione- , p. 18.

[3] Nuovo Codice degli Appalti, ecco le modifiche e i miglioramenti che Anac richiede al Parlamento, disponibile al seguente link  https://www.anticorruzione.it/-/nuovo-codice-degli-appalti-ecco-le-modifiche-e-i-miglioramenti-che-anac-richiede-al-parlamento , p. 11.

 

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[1]Nuovo codice appalti, Busia: diversi punti da migliorare”. Commento disponibile al seguente link https://www.anticorruzione.it/-/nuovo-codice-appalti-busia-diversi-punti-da-migliorare

[2] Audizione del Presidente Avv. Giuseppe Busia presso la VIII Commissione permanente Lavori pubblici, comunicazioni

Senato della Repubblica - 21 ottobre 2021, disponibile al seguente link https://www.anticorruzione.it/-/codice-appalti-busia-delega-al-governo-troppo-generica-serve-semplificazione-e-digitalizzazione- , p. 18.

[3] Nuovo Codice degli Appalti, ecco le modifiche e i miglioramenti che Anac richiede al Parlamento, disponibile al seguente link  https://www.anticorruzione.it/-/nuovo-codice-degli-appalti-ecco-le-modifiche-e-i-miglioramenti-che-anac-richiede-al-parlamento , p. 11.



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